ottobre 2006

Non possiamo restarcene accucciati sotto una foglia, in uno stato vegetativo, in attesa del vento

Malauniversità: riscattiamoci "studiando" fin d'ora gli "atti" di magistrati lontani e diversi, comparando Clementina Forleo (Milano) e Annunziata Cazzetta (Matera). Questo in quanto è ormai emergenza nazionale e non si può "restarsene accucciati sotto una foglia in uno stato vegetativo, in attesa del vento" (da Anna Politkovskaja, Diario russo 2003-2005, Adelphi, Milano 2007, p. 448). In lande apulo-lucane, un pubblico ministero, Annunziata Cazzetta, ha preso provvedimenti nei confronti di alcuni giornalisti che hanno suscitato sconcerto e fatto sentire a chi scrive e ai più attenti cronisti italiani (cito soltanto l'«incredibile» con cui Guido Mattioni del Giornale mi commentava le ultime notizie dalla Lucania) che la soglia di sicurezza, in questo nostro povero Paese, è stata di fatto superata. Nessuna voce si è levata dall'Università italiana né dall'estero, malgrado i mezzi offerti dalla "globalizzazione" e dalla rete web, come sarebbe auspicabile per il minor rischio che correrebbe chi osasse avvalersi "da fuori" della "libertà di espressione", caposaldo di una comunità civile e fondamentale, nonché irrinunciabile, Diritto dell'Uomo. Debbo ora ricordare e raccordare due eroine dei nostri tempi, afferenti a lande assai lontane tra loro: Renata Fonte, giovane coraggiosa consigliera comunale assassinata nella sua Nardò; e Anna Politkovskaja, giornalista russa divenuta famosa nel mondo nonostante i suoi libri non fossero mai stati pubblicati in Russia, morta anch'essa assassinata. Sua, non a caso, la frase che ho citato all'inizio, allarmante epilogo del suo Diario russo. Del resto, per esprimere il mio pensiero mi ritrovo di frequente ad usare parole altrui e spesso di persone morte, nonché purtroppo ammazzate (coincidenza non entusiasmante); questo al fine di evitare critiche malevoli, volte ad offendere non tanto la mia persona quanto i dati scientifici, le semplici notizie, le cronache quotidiane, di cui tento di farmi, come è naturale e doveroso per un uomo d'accademia, portavoce e, perfino, voce critica, anche al di fuori dell'ambito ristretto delle cosiddette pubblicazioni. Se si fa un raffronto tra questo passo russo - quasi una foto non truccata della realtà - e quel che è accaduto di recente ai giornalisti perquisiti, non si può che esser colti da uno sgomento (maggiore in chi ha figli ancor minori) identico a quello che le parole dell'eroina russa suscitano, quando conclude: "il livello della sanità pubblica e lo sprezzo dell'ecologia... Per il momento non si vedono cambiamenti. Il potere rimane sordo a ogni "segnale di allarme" che viene dall'esterno, dalla gente. Vive solo per se stesso. Con stampato in faccia il marchio dell'avidità e del fastidio che qualcuno possa ostacolare la sua voglia di arricchirsi… Oggi come oggi il potere è solo un modo per far soldi. E basta. Del resto non si cura. Se qualcuno ha la forza di godersi la previsione "ottimistica", faccia pure. È certamente la via più semplice. Ma è anche una condanna a morte per i nostri nipoti".