Università degli Studi di Lecce

Università degli Studi di Lecce

Facoltà di Giurisprudenza
  • Medicina legale
  • Prof. Cosimo Loré

La balistica forense

Italo Ricapito

1.1 LA BALISTICA

La Balistica è la scienza che studia le proprietà statiche e dinamiche del proiettile. In Medicina Legale la balistica non si limita allo studio delle sole caratteristiche delle armi ed al moto dei proiettili, ma studia principalmente le lesioni prodotte dagli stessi sulla persona. Tutto quanto sopra sulla base:

  • dell'arma da cui è partito il colpo;
  • della traiettoria percorsa dal proiettile;
  • delle caratteristiche lesive dello stesso.

1.2 LA BALISTICA INIZIALE

Studia il moto del proiettile nell'interno dell'arma sino alla fuoriuscita dalla canna. In relazione alla canna, distinguiamo:

  • armi corte portatili (pistole, semi-automatiche o revolver);
  • armi lunghe portatili (fucili a ripetizione automatici, carabine, semi-automatici).

Sono armi corte quando la lunghezza dell'anima, che è la parte interna della canna percorsa dal proiettile, non è maggiore di 15 - 20 volte il calibro o diametro del proiettile. Le altre sono armi lunghe. Le armi lunghe poi, possono essere a canna liscia o rigata.

La canna

La canna è un tubo metallico variamente sagomato che si può schematicamente dividere in due parti. La camera di scoppio, destinata ad accogliere la cartuccia, e l'anima cui spetta il compito di imprimere la traiettoria al proiettile. Posteriormente la canna è delimitata dal vivo di culatta; anteriormente è delimitata dal vivo di volata. Le canne rigate, adottate nelle armi lunghe o corte con carica a proiettile unico, sono caratterizzate da una serie di solchi elicoidali che hanno la funzione di imprimere alla pallottola un rapido movimento di rotazione lungo il proprio asse longitudinale. Alcune canne presentano una sagomatura poligonale avente la stessa funzione dei solchi. Le canne lisce, solitamente abbinate a munizioni a carica multipla, non presentano solchi di sorta e, quindi, i proiettili verranno proiettati all'esterno senza alcuna azione stabilizzatrice.

Requisiti meccanici delle canne

Richiamandoci alla funzione della canna, che è di proiettare e dirigere, potremmo dedurre subito i requisiti meccanici che essa deve possedere. Innanzitutto resistenza alla pressione interna che deve sopportare. Occorre perciò un buon materiale e una buona lavorazione tale da creare uno spessore resistente al tormento causato dai colpi. La fresatura della camera e del raccordo deve essere esatta e ben levigata; sia le anime rigate che quelle lisce debbono essere dritte e ciò può controllarsi nelle canne lisce guardando attraverso la culatta una barra orizzontale ben illuminata, e osservando la duplice ombra che questa proietta sulla parete interna lucida dell'anima. La duplice ombra è formata da due linee che debbono essere rette e restare tali facendo rotare la canna. Tale operazione è la livellatura. La leggerezza delle canne è un pregio al quale però non bisogna sacrificare il necessario margine di sicurezza. Considerando poi che la canna, pur rimanendo elastica deve essere rigida, perché sia precisa, si dedurrà che non conviene alleggerire troppo le canne. La forma esterna delle canne è quasi sempre tronco-conica, di spessore più grande in culatta, dove si sviluppano le maggiori pressioni. In qualche caso (armi da tiro, di precisione e di piccolo calibro) la superficie esterna può essere prismatica. In culatta, le canne, terminano o con un avvitamento che le collega alla scatola di culatta o al castello (armi a ripetizione ed automatiche) oppure portano delle appendici o tenoni, che le uniscono al congegno di chiusura basculante (fucili da caccia a una o a due canne, a retrocarica), oppure recano dei risalti che si alloggiano in corrispondenti cavità del castello (pistole automatiche). In questi due ultimi casi, le canne sono normalmente e facilmente separabili dal resto dell'arma. Unito alla canna o alle canne doppie trovasi, nei fucili da caccia, l'estrattore dei bossoli sparati.

ARMI LUNGHE

Fucili automatici

Si chiamano automatiche (fig. 1) soltanto le armi in cui agendo sul grilletto, il tiro procede ininterrotto finché il grilletto rimane premuto e vi sono cartucce nel serbatoio o caricatore a nastro di alimentazione, come avviene nelle mitragliatrici di ogni tipo e così pure in alcune armi da spalla, quali i fucili mitragliatori (fig. 1) e le pistole mitragliatrici (fig. 2). Il che non toglie che le armi automatiche possono, in alcuni tipi, essere fatte funzionare a volontà, agendo su di un congegno commutatore applicato al meccanismo di scatto, oppure predisponendovi due grilletti, come armi semiautomatiche, a tiro intermittente ossia colpo per colpo oppure come armi automatiche a tiro continuo, a raffica. Questa distinzione è fondamentale perché implica diversità di impiego, di raffreddamento delle canne sotto fuoco prolungato, di postazione, di cadenza del tiro.

Fucile mitragliatore modello MG42

Fig. 1 - Fucile mitragliatore modello MG42

MG42 scomposto

MG42 scomposto

MG42 componenti dell'otturatore

MG42 componenti dell'otturatore

Beretta 9 mm modello PM12

Fig. 2 - Pistola mitragliatrice Beretta 9 mm modello PM12

Fucile a canne sovrapposte

I problemi che i costruttori si sono posti circa la sovrapposizione delle canne, nei fucili a chiusura basculante, erano fondamentalmente due:

  • quello delle chiusure;
  • quello dei meccanismi di armamento, percussione ed espulsione automatica (eiezione) singola per ciascun bossolo sparato.

La prima e più ovvia soluzione, sembrò quella di applicare alla canna inferiore due "tenoni" come nelle ordinarie doppiette. Ma questa soluzione, facile dal punto di vista costruttivo, presenta due inconvenienti: la bascula diviene molto alta e quindi pesante e per di più riesce generalmente poco estetica.

Un secondo tipo di soluzione consiste nel dare appoggio alla canna sulle pareti laterali della bascula che ovviamente assumono nei fucili a canne sovrapposte la sezione in forma di V che fa da culla alla canna inferiore. L'appoggio è dato da due perni laterali, detti anche "orecchioni". Questi perni laterali sono portati poco più in basso dell'asse della canna inferiore, e pertanto la coppia risulta molto minore, la bascula meno alta. Sui perni, poi, lavorano le relative sedi ricavate nelle due canne.

tenoni e orecchioni

(Nella figura sopra a sinistra si notano i due denti "tenoni"; nella figura destra i perni a "orecchioni").

bascula, astina e canne

Fig. 3 - Le componenti principali di un fucile sovrapposto: bascula, astina e canne

Bascula: (fig. 4) è in acciaio e al suo interno alloggiano le leve di armamento ed, il tassello di chiusura che è trasversale, basso e a recupero di gioco. Il fianco della bascula (fig. 5).

bascula

Fig. 4

bascula

Fig. 5

Astina: (fig. 6) è in legno a coda di castoro e al suo interno alloggia la croce con un robusto dente di tenuta e caricamento ed i perni di sgancio dell'estrattore.

astina

Fig. 6

Canne: (fig. 7) sono in acciaio speciale, accoppiate a monoblocco. Internamente sono cromate.

canne

Fig. 7

Fucile carabina

Fucile corto con canna rigata, usato anche per la caccia, le cui caratteristiche principali sono: meccanismo di chiusura (otturatore) più corto che nei fucili tradizionali; (riscrivere).

Carabina Dumoulin

Carabina Dumoulin modello 416 Imperiale

Mannlincher-Schenaur

Fucile tipo Mannlincher-Schenaur (fucile e carabina da caccia)

BM59 cal. 7,62 NATO

Una delle pochissime carabine automatiche prodotte: modello BM59 cal. 7,62 NATO

Scomposizione del BM59

Scomposizione del BM59 nelle sue parti principali

Fucili semi-automatici

A queste armi si inteso di dare una notevole potenza e rapidità di fuoco preciso, con la funzione di battere obiettivi ben determinati. Hanno pertanto il carattere specifico di armi da fanteria come i fucili a ripetizione semplice. Come in tutte le armi semiautomatiche, il meccanismo di scatto deve avere un dispositivo di scappamento tale che, non appena la leva del movimento ha abbassato il dente di arresto del percussore, sfugga o venga comunque distaccata affinché il dente di arresto torni in posizione e trattenga il percussore dal far partire il colpo successivo, altrimenti il tiro continuerebbe automaticamente. Nelle armi semi-automatiche quindi, per iniziare il tiro, bisogna tirare indietro la leva laterale di armamento per introdurre le cartucce in canna e poi premere il grilletto volta per volta; a meno che non vi sia già una cartuccia in canna; vuoto il serbatoio, l'otturatore si arresta indietro, dandone così avviso al tiratore (fig. 8 Riot Gun SPAS 15).

Fucile semiautomatico

Fig. 8

Arma usata per l'impiego di compiti di Polizia ad anima liscia, supera il tradizionale serbatoio tubolare sottocanna e la linea tipica degli shotgun. Per quanto riguarda l'organizzazione meccanica, la ripetizione è ottenibile in operazione manuale con funzionamento a pompa, e semiautomatica con recupero di gas. La chiusura è assicurata da un sistema geometrico azionato dalla rotazione della testa dell'otturatore. Una grossa novità introdotta è l'adozione di una testina rotante solidale ad un castello scorrevole sulle aste di guida delle molle binate. L'estrattore è collocato sulla testina ed è dotato di molla di posizionamento che permette allo stesso il contatto costante con il rimmed del bossolo durante tutta la fase di espulsione. L'espulsore è ricavato sulla slitta di guida della testina saldata alla culatta, mentre il dente di alimentazione è imperniato sulla testina e trattenuto in posizione da una molla.

L'arma smontata nei componenti principali. Lo smontaggio richiede pochissimo tempo e non necessita di strumenti particolari. In particolare si noti la posizione del gruppo recupero gas, tipico dei fucili d'assalto (fig. 9).

Fucile semiautomatico smontato

Fig. 9

Particolare della testina rotante dell'otturatore. Si possono notare il dente dell'estrattore ed il dente di alimentazione (fig. 10).

Testina rotante dell'otturatore

Fig. 10

Il castello dell'otturatore scorre sulle aste di guida delle molle binate. I denti sporgenti in alto ed in basso dalla testina, sono deputati alla chiusura presso la culatta (fig. 11).

Castello dell'otturatore

Fig. 11

I caricatori riportano una diversa colorazione delle scritte per poter distinguere il munizionamento contenuto e, in questo caso, anche la quantità, dato che quello di sinistra monta il riduttore di capacità per uso venatorio (fig. 12).

Caricatori

Fig. 12

Armi corte

Le pistole si distinguono in: pistole a tamburo (revolver) pistole semi-automatiche (a caricatore).

I Revolver possono avere un funzionamento a doppia azione o a singola azione:

Revolver con funzionamento ad azione doppia

Il funzionamento del Revolver a doppia azione, fa sì che il grilletto, una volta premuto, compie un movimento di rotazione attorno al perno per mezzo del quale è collegato all'incastellatura (fig. 13). Durante tale movimento, lo spigolo superiore estremo di esso agendo contro l'elemento mobile del cane determina la rotazione di quest'ultimo fino alla posizione di completo armamento, raggiunta la quale esso, sfuggendo al contatto con il grilletto, ricade sotto l'azione della molla di scatto. Lo spostamento all'indietro del grilletto determina, attraverso la barretta, un pari spostamento all'indietro del corsoio, di una quantità sufficiente a non contrastare più la rotazione in avanti del cane, in maniera tale che al ricadere di esso il percussore potrà raggiungere l'innesco della cartuccia. Allorché le parti sono in posizione di riposo, è un risalto della porzione inferiore del cane che contrasta con il risalto del corsoio ad impedire ogni ulteriore rotazione in avanti del cane stesso. Il movimento del grilletto, che è in realtà una rotazione attorno al perno per mezzo del quale esso è collegato all'incastellatura, determina l'abbassamento del dente di bloccaggio del cilindro e, attraverso il movimento verso l'alto del baiocco, la cui estremità inferiore è imperniata alla tavola del grilletto mentre quella superiore agisce su uno dei denti disposti al centro della faccia posteriore del cilindro attorno all'asse di esso, provoca la rotazione del cilindro stesso dell'angolo necessario ad allineare con la canna la camera successiva. La rotazione del cilindro avviene quasi sempre in senso antiorario. Il bocciolo svolge poi un'altra importante funzione: spostandosi verso l'alto, esso agisce come un cuneo, spostando il blocco di sicurezza che impedisce all'incastellatura di ruotare impedendo al percussore di raggiungere l'innesco. Al momento della partenza del colpo, ogni rotazione del cilindro è impedita, oltre che da tale dente di bloccaggio, anche dal contrasto del bocciolo col dente su cui ha agito per determinare la rotazione. La fase successiva e finale è quella in cui viene interrotta la pressione sul grilletto: immediatamente, la sua molla di ritorno lo riporta in avanti agendo sul corsoio e sulla barretta. Il risalto superiore del corsoio costringe il cane, che si trova completamente abbattuto, a sollevarsi ruotando leggermente all'indietro, ritornando quindi alla posizione ordinaria di riposo, in cui il percussore non sporge dall'incastellatura. Spostandosi in funzione della rotazione del cane, il blocco di sicurezza si inserisce nuovamente tra il vivo dell'incastellatura e la faccia anteriore del cane.

Revolver doppia azione

Fig. 13

Revolver con funzionamento ad azione singola

La rotazione del cane, effettuata manualmente, dalla posizione di riposo alla posizione di completo armamento, determina attraverso il bocciolo la rotazione del cilindro e la flessione in posizione di tensione della molla di scatto alloggiata nella impugnatura. Quando il cane è completamente armato, il dente posteriore del grilletto lo sostiene impegnandone l'estremità inferiore, nello spigolo della quale è ricavato un opportuno scalino (fig. 14). La pressione del grilletto fa si che il cane sfugga al contatto con l'estremità di esso e possa quindi, sotto l'azione della molla di scatto, ruotare in avanti vino a percuotere col percussore l'innesco della cartuccia. Il cane può ruotare fino a raggiungere l'innesco in quanto la pressione del grilletto sposta all'indietro il corsoio della molla del grilletto, che in posizione di riposo svolge la funzione di dispositivo di sicurezza, in quanto impedisce appunto l'ulteriore rotazione in avanti del cane. Interrotta la pressione sul grilletto, le parti torneranno alle rispettive posizioni di riposo e di sicurezza, come nel caso del funzionamento a doppia azione.

Revolver singola azione

Fig. 14 - Revolver Smith & Wesson modello 10 cal. 38

Pistole semi-automatiche

Si dice semi-automatica in quanto, successivamente all'esplosione del primo colpo, che deve essere in ogni caso camerato manualmente, la pistola si carica senza l'intervento di chi la maneggia, per l'azione su appositi congegni della forza dei gas prodotti dalla carica di lancio. Il grilletto è chiaramente disegnato in funzione dell'azionamento del meccanismo di scatto. Il cane è solitamente dotato di una prima monta, o monta di sicurezza, il cui dente di ritegno è realizzato con un profilo tale da impedire lo scatto. La sicurezza ad inserimento manuale, comandata da una leva posta all'estremità posteriore dell'incastellatura, blocca simultaneamente sia il congegno di scatto che il carrello otturatore. L'estremità della stessa leva penetra in un intaglio ricavato inferiormente al carrello: se questo non è in posizione di completa chiusura la sicurezza stessa non può venir inserita. Bloccato il carrello, e bloccato il cane nella posizione di monta di sicurezza, è escluso che il cane stesso possa venire a contatto con il percussore. In tale posizione di sicurezza l'arma può quindi essere portata con cartuccia in canna in condizioni di massima sicurezza.

Pistola semi-automatica

Pistola semi-automatica Beretta modello 92 calibro 9mm

Sezione Beretta

Sezione della Beretta 92 calibro 9 mm

Beretta

Beretta modello 34

Componenti: fusto, carrello, otturatore, canna e caricatore. Pur essendo molto compatta la '34 non è leggerissima (625 grammi scarica e senza caricatore). Il carrello è di classico disegno Beretta, i cui tratti più caratteristici sono gli sgusci anteriori e l'apertura superiore. Sono queste, due caratteristiche estetico tecniche che fanno ormai parte dell'immagine Beretta. Nella parte anteriore del carrello è ricavato il mirino. Subito avanti alla tacca di mira è posto l'estrattore, alloggiato superiormente al carrello. Inferiormente al carrello è alloggiata la molla di recupero, investita su un guidamolla la cui parte posteriore carica lo zoccolo della canna e il perno della leva di sicura. Questo ultimo è piano da una parte e convesso dall'altra e contrasta con lo zoccolo della canna quando la sicura è in posizione di fuoco. A completare la descrizione dell'arma basterà ricordare le guancette in bachelite con supporto di lamierino metallico ed il caricatore monofilare, della capacità di 7 colpi in cal. 9mm Corto.

Sezione modello 34

Sezione della Beretta modello 34

Le munizioni

1) Materiale del bossolo. Il materiale unico e pressocché insostituibile per la fabbricazione dei bossoli è l'ottone, di regola di prima fusione, talvolta nichelato. Altri materiali sono stati talvolta usati, ma solo in periodi di emergenza, a causa della scarsità di rame verificatasi durante le due guerre mondiali. È in conseguenza di ciò che si sono incontrati bossoli di alluminio, d'acciaio nichelato, e d'acciaio verniciato. 2) Lunghezza totale della cartuccia. Tale misura, espressa in millimetri, può variare in funzione del tipo e della foggia del proiettile. Vengono indicate sempre le misure riguardanti: A – Collo B – Testa C – Collarino D – Lunghezza

Bossoli

3) Velocità iniziale. Viene indicata sempre con la singola Vo. È la velocità del proiettile all'uscita dalla canna, misurata in metri al secondo. 4) Energia cinetica. Viene indicata sempre con la sigla Eo. È l'energia cinetica del proiettile all'uscita dalla canna, misurata in chilogrammetri. 5) Peso del proiettile. È questo uno dei dati caratteristici fondamentali di ogni cartuccia, necessario al fine di valutare l'efficienza complessiva ed il potere d'arresto. Viene indicato in grammi. 6) Diametro del proiettile. Indica il calibro reale di esso, e viene indicato in millimetri. 7) Paese d'origine. È un'indicazione necessaria per fissare ogni tipo dal punto di vista storico.

Panoramica munizioni

Munizioni

La 7,65 mm Browning, nata per pistole automatiche di piccole dimensioni, offre quanto alle caratteristiche balistiche il minimo indispensabile per un'efficace difesa. Non è alle caratteristiche di potere d'arresto, appena sufficienti, come s'è detto, che essa deve il fatto di esser diventata, specie in alcuni paesi europei, la classica cartuccia delle armi per difesa personale, ma alla maneggevolezza, al limitato peso ed ingombro, ed in tanti casi al limitato costo delle armi per essa costruite. Studiata da John M. Browning nel 1897, questa cartuccia fu dapprima prodotta dalla F.N., che la lanciò sul mercato mondiale nel 1990 simultaneamente alla pistola automatica Browning modello 1900.

Munizioni

La cartuccia 7,65 mm Parabellum impiega di regola un proiettile in piombo, completamente blindato il leghe diverse di rame o nichel secondo i casi, di forma cilindro-ogivale, sebbene la forma originaria di esso, allorché la cartuccia fu sviluppata dalla DWM, fosse quella cilindro-troncoconica. La 7,65 mm Parabellum è caratterizzata da un proiettile di massa limitata, lanciato ad una velocità tra le più elevate nel settore delle pistole automatiche: brillanti caratteristiche balistiche, in sintesi, cui fa riscontro un limitato potere d'arresto, caratteristica che ne ha limitato al minimo l'impiego militare, per il quale è fondamentalmente inadatta.

Munizioni

La versione originale di questa cartuccia diffusissima in tutto il mondo è dotata di proiettile completamente blindato il lega di rame, ne sono però state prodotte anche con proiettili parzialmente blindati o completamente in piombo. Con la 6,35 e la 7,65 mm Browning costituisce una terna di indovinatissime cartucce frutto della collaborazione tra la F.N. ed il geniale inventore americano, che raggiunsero un enorme successo commerciale specialmente grazie alle caratteristiche delle armi cui erano destinate: pistole automatiche semplici nella fabbricazione e nell'uso, non ingombranti,non eccessivamente costose. Può essere considerata accettabile, anche se ancora lontana da un livello ottimale, per uso di difesa personale: decisamente insufficiente dal punto di vista militare, anche se ne è stato e ne viene fatto tuttora un vasto uso.

Munizioni

Dotata in origine di un proiettile di forma cilindrico-troncoconica completamente blindata in lega di rame apparve più tardi, grazie all'enorme diffusione ottenuta, con proiettili d'ogni genere. Durante la seconda guerra mondiale fu prodotta in Germania con proiettili aventi il nucleo in acciaio od in ferro sinterizzato. Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale vi fu un orientamento generale, in Europa, verso cartucce militari di calibro aggiratesi intorno ai 9 millimetri. La scelta di tale calibro non fu causale: in realtà esso permette di realizzare cartucce che, offrendo quanto a doti balistiche e potere d'arresto delle caratteristiche più che sufficienti per l'impiego pratico, hanno un peso, un ingombro ed in ultima sintesi un costo abbastanza limitato. All'elevato potere d'arresto, ed al fatto di prestarsi brillantemente alla realizzazione di armi automatiche d'ogni genere, essa unisce eccezionali doti di precisione (la precisione di un'arma dipende anche ed in grande misura dalle munizioni), che ne hanno fatto anche una delle più popolari cartucce sportive del mondo. L'armamento di tutti i paesi Europei è standardizzato su questo calibro.

Munizioni

La 357 viene prodotta con quattro tipi di base di proiettile:

  • proiettile in piombo, di forma cilindrica terminante in un tronco di cono, avente però base più piccola di quella del cilindro, in modo da originare uno spigolo vivo (proiettile tipo sharpe);
  • proiettile della stessa forma, ma interamente blindato, di regola in rame;
  • proiettile Harvey "Jugular": ancora della forma sopra descritta, ma con una blindatura parziale che ricopre solo la superficie laterale cilindrica e la base del proiettile;
  • proiettile cilindrico conico completamente blindato (metal piercing o armor piercing).

Essa apparve nel 1935 e deve essere considerata un frutto della collaborazione tra Smith & Wesson e la sezione munizioni della Winchester. Per esattamente venti anni, e cioè fino al 1955, anno in cui comparve la 44 S & W Magnum, rappresentò la più potente cartuccia per pistola esistente.

Munizioni

Completamente studiata dalla S. & W., questa cartuccia apparve nel lontano 1902, simultaneamente alla prima versione del revolver S. & W. Military and Police: fu proposta in origine per la sostituzione della 38 Long Colt allora usata dall'esercito statunitense. Essa è indubbiamente una delle migliori cartucce per revolver esistenti: la grande potenza e precisione ne hanno decretato il successo sia nel campo delle armi da difesa che in quello delle armi sportive. Si incontrano di regola proiettili qualificabili nei seguenti tipi di base:

  • proiettile di piombo;
  • proiettili parzialmente o completamente blindati;
  • proiettili perforanti;
  • proiettili del tipo "Wad Cutter".

Qualsiasi revolver calibro 3.57 Magnum può utilizzare qualsiasi cartuccia calibro 38 special: le due differiscono esclusivamente per la lunghezza.

Munizioni

E' in senso assoluto la più potente cartuccia esistente al mondo, ed è frutto della collaborazione tra S. & W. E la sezione munizioni della Remington, il che spiega la doppia denominazione corrente. Apparve nel 1955, e fu offerta simultaneamente al revolver S. & W. Modello 29, per essa espressamente studiato.

Munizioni

LA 45 A.C.P. impiega un proiettile di piombo completamente blindato in lame o in lega di rame. Il grande peso del proiettile, la velocità, notevole se si tiene conto del peso, e le eccezionali caratteristiche di deformazione in forma di fungo (mushrooming) sono i fattori su cui basa l'eccezionale potere d'arresto di cui dispone. Tale caratteristica ne fa una cartuccia pressocché ideale per la difesa personale. È la maggiore tra le cartucce per pistola automatica realizzata da J. Browning, che la mise a punto nel 1905.

Munizioni per armi lunghe

Munizioni

Cartuccia a pallottola: il suo punto di forza è il proiettile cal. 7,35: questo è costituito da un'ogiva in alluminio montata su un nucleo di piombo, ed il tutto è rivestito da una incamiciatura d'acciaio placcato al tombacco. Il baricentro arretrato lo rende assai instabile e quindi, molto lesivo all'impatto sul bersaglio umano (fig. 1).

Cartuccia a mitraglia: la cartuccia è composta da 11 elementi in piombo racchiusi in un bossoletto d'ottone intagliato longitudinalmente (fig. 2).

Cartuccia frangibile: è analoga , salvo il calibro maggiore 6,5 (fig. 3).

Cartuccia per tiro ridotto: è composta da un bossolo, con un prolungamento sulla cui gola è inserita la pallottolina, in piombo indurito. La carica è contenuta all'interno del bossolo (fig. 4).

Cartuccia da salve per fucile: monta una palla in legno, cava internamente e colorata di arancione (fig. 5).

Cartuccia da salve per fucile mitragliatore breda '38: cartuccia analoga a quella precedente. Concepita specificatamente per l'impiego di armi automatiche. Costituita da un bossolo privo di capsula con un'anima in legno, montante una finta palla cava, in ottone (fig. 6).

1.3 LA BALISTICA INTERMEDIA

Indica il tragitto che compie il proiettile dalla canna al bersaglio.

Le grandezze che interessano sono:

  • il movimento del proiettile (traiettoria);
  • la resistenza opposta dall'aria;
  • la forza di gravità.

E' importante conoscere questi elementi in quanto la traiettoria del proiettile potrebbe subire delle variazioni sia per difetti della canna (Tumgbling), sia per effetto del vento. Quindi è importante studiare le diverse forze che agiscono sul proiettile, dall'energia posseduta dallo stesso a quelle esterne che interagiscono con il suo moto.

Quando parliamo di traiettoria intendiamo la linea percossa dal centro di gravità di un proietto fuori dall'arma. Gli elementi della traiettoria sono:

  • origine "0" è il centro della bocca dell'arma alla partenza del colpo;
  • orizzonte è il piano orizzontale passante per l'origine;
  • velocità iniziale è la velocità del proietto all'origine;
  • linea di partenza o di proiezione è la tangente alla traiettoria all'origine;
  • angolo di proiezione è l'angolo che la linea di proiezione fa con l'orizzonte;
  • punto di caduta "C" è il punto in cui la traiettoria incontra l'orizzonte;
  • gettata è la distanza "0C" fra l'origine ed il punto di caduta;
  • vertice è il punto "V" più alto della traiettoria. Nel vertice la tangente alla traiettoria è orizzontale;
  • altezza di tiro "Y" è l'altezza del vertice sull'orizzonte;
  • punto d'arrivo "S" è il punto del terreno colpito dal proiettile, in generale non coincide col punto di caduta;
  • linea di sito è la retta "0S" congiungente l'origine col punto di arrivo;
  • durata è il tempo che il proiettile impiega a percorrere la traiettoria, dall'origine al punto di caduta.

Tensione e radenza della traiettoria

Di due traiettorie aventi eguale gettata, si dice più tesa quella che ha minore altezza. Non bisogna confondere la tensione con la radenza della traiettoria. Mentre la prima è una caratteristica specifica che si riferisce all'altezza sull'orizzonte, la seconda si riferisce soltanto al terreno sul quale la traiettoria si sviluppa. Così un tratto di traiettoria si dice radente quando il suo andamento si scosta poco da quello del terreno. Una traiettoria curva può essere radente.

Resistenza dell'aria

La traiettoria reale differisce da quella nel vuoto, a causa della resistenza opposta all'avanzamento del proietto dall'aria. Per poter calcolare gli elementi della traiettoria reale occorre conoscere gli effetti della resistenza dell'aria. La teoria di questa fu enunciata da Isacco Newton, il quale partì dall'ipotesi che le molecole d'aria, urtate da un corpo in movimento, assumono un moto in direzione perpendicolare. Le molecole fluide acquistano quindi, una certa forza viva, la quale viene sottratta all'energia cinetica del corpo in movimento. Lo spostamento delle molecole risulta effetto dell'applicazione di una forza la quale viene detta ritardatrice perché si oppone all'avanzamento del corpo. Da queste relazioni si deducono le leggi della resistenza dell'aria secondo Newton:

  • la resistenza dell'aria è proporzionale al quadrato della velocità;
  • è proporzionale alla densità dell'aria;
  • è proporzionale al quadrato del calibro;
  • è proporzionale a un coefficiente che dipende solo dalla forma del proietto.

Si è trovato però che in ultima analisi la resistenza dell'aria risulta, per le velocità superiori ai 240 metri al secondo, proporzionale non solo alla potenza della velocità, ma ad una serie di potenze superiori di questa. Tale funzione viene chiamata funzione resistente. Per i proietti perciò, che sono animati da forti velocità iniziali, le leggi della resistenza dell'aria diventano le seguenti:

  • la resistenza è proporzionale alla densità dell'aria;
  • è proporzionale al quadrato del calibro;
  • è proporzionale al coefficiente di forma;
  • è proporzionale alla funzione resistente delle velocità del proietto.

Stabilità del proietto sulla traiettoria

Si consideri un proietto che percorre la sua traiettoria. Se in tutte le sezioni trasversali di esso la traiettoria passa per il centro, la forza ritardatrice dovuta alla resistenza dell'aria sarà applicata al centro di gravità, e direttamente opposta alla direzione della velocità. È questo è il caso dei proiettili sferici. In tal caso la resistenza dell'aria dicesi resistenza diretta. Se invece le sezioni fatte nel proietto con un piano normale alla traiettoria ed al piano di proiezione non contengono nel centro la traiettoria, allora la forza ritardatrice non si applica più al centro di gravità; e siccome la direzione della resistenza non è in generale direttamente opposta a quella della velocità, ma forma con essa un certo angolo, la resistenza viene detta obliqua. È questo il caso dei proiettili oblunghi, cilindrici, cilindro ogivali, acuminati: perché all'uscita della bocca il proietto conserva sempre la stessa inclinazione del suo asse, mentre l'inclinazione della traiettoria varia continuamente. Quindi, l'asse del proietto non coincide con la traiettoria né con la tangente a questa; ma forma con essa un angolo continuamente variabile. È questo in fine il caso di tutti i proiettili di forma asimmetrica e irregolare.

Il bossolo

La funzione del bossolo non è solo quella di contenere gli elementi della carica e l'innesco di accensione. Il bossolo funziona anche da guarnizione, cioè assicura la tenuta dei gas fra la culatta e la chiusura; sostiene in parte la pressione dei gas e fa da collegamento dei vari costituenti la carica. Per rispondere bene a tutti questi requisiti, il bossolo, deve essere di accurata esecuzione e possedere una certa resistenza meccanica. I bossoli delle armi rigate sono sempre metallici; quelli delle canne ad anima liscia possono essere di vari materiali (cartone, plastica, a volte metallici). I bossoli metallici sono generalmente di ottone, materiale con una certa resistenza meccanica e ben adattabile alle pareti della canna sotto pressione. I bossoli metallici hanno forma leggermente conica alla quale segue un tratto cilindrico di minor diametro, raccordato al precedente da un colletto nel quale è introdotto il proiettile. La parete di chiusura posteriore è detta fondello. Nel centro del fondello vi è un alveolo che contiene l'innesco. Il fondello del bossolo deve presentare un risalto di forma varia, detto collarino per offrire presa all'estrattore. Il collarino può essere di varia forma a sezione semicircolare, triangolare, rettangolare. Il collarino deve appoggiare esattamente nella sua sede, ricavata nel vivo di culatta della canna. Se troppo sporgente, si avranno difficoltà di chiusura; se troppo basso, resterà del giuoco ed alla partenza del colpo il fondello sarà proiettato contro la parete della bascula, aumentando il rinculo e dissestando le chiusure. Il bossolo può essere a fondo piatto, più adatto per le polveri voluminose, e a fondo conio, più adatto per le polveri condensate.

Inneschi

L'innesco ha per scopo di determinare l'accensione della polvere, per mezzo dell'urto meccanico del percussore. A tal proposito si impiega una piccola quantità di esplosivo detonante (fulminato di mercurio) misto con altre sostanze attive, energicamente ossidanti (clorato di potassio, solfuro di antimonio) contenuta in una capsula che trova alloggio nell'apposito alveolo del fondello del bossolo, detto portacapsula. Nella gran parte dei casi la capsula è disposta nel centro del fondello e l'innesco è detto centrale. Per piccoli bossoli, l'innesco può essere disposto nel contorno interno, alloggiato nella piega del collarino, e in questo caso, l'innesco, è detto anulare. Gli inneschi centrali costano di due parti essenziali:

  • la capsula che è una piccola coppa di rame o di tombacco sul fondo della quale è disposta la miscela detonante, compressa e ricoperta di vernice lacca per proteggerla dall'umidità;
  • l'incudinetta è un pezzettino metallico interno alla capsula a punta ad una estremità, contro la quale viene spinta la miscela detonante quando la capsula è percossa dall'esterno.

Due sono i sistemi di innesco:

  • comune in cui il fondo del porta-capsula è ripiegato a cono col vertice verso la capsula, a contatto col detonante; esso allora funziona anche da incudinetta;
  • di sicurezza quando il fondo dell'alveolo fa parte a sé, e l'incudinetta porta due risalti laterali d'arresto che la mantengono ad una certa distanza dalla miscela fulminante; occorre perciò un urto perfettamente centrale per farla detonare.

Quando il fondo dell'alveolo è riportato, esso prende il nome di copricapsula; l'innesco viene detto allora ad apparecchio coperto. Quando, invece, l'incudinetta è riportata e la capsula è libera, l'innesco viene detto ad apparecchio scoperto. Questi due ultimi tipi, di innesco, consentono un maggior forzamento e quindi una migliore tenuta dei gas: essi vengono applicati a bossoli fini, adatti per cariche forti e da tiro. Un buon innesco deve accendere regolarmente la polvere, non dare scatti a vuoto, né essere sensibile agli urti accidentali e deve fare perfetta tenuta dei gas.

Borraggio

Si applica solo alle cartucce con bossoli di cartone per canne lisce. S'intende per borraggio l'insieme di elementi ed il modo di disporli nella cartuccia per raggiungere i seguenti scopi:

  • trasmettere uniformemente al piombo la pressione;
  • ottenere una perfetta tenuta dei gas;
  • interporre fra i gas e il piombo un cuscinetto elastico che regolarizzi lo sviluppo delle pressioni ed eviti la deformazione dei pallini.

Queste funzioni sono compiute dalla borra, chiusura morbida ed elastica che si introduce nella cartuccia sopra la carica di polvere. La borra assume la forma di un cilindro le cui basi sono di diametro leggermente superiori a quello interno del bossolo in modo che essa vi entri con un leggero forzamento, e quasi a tenuta d'aria. Quando inizia la combustione della polvere e lo sviluppo dei gas, la borra, trattenuta dall'orlatura, si comprime elasticamente regolando lo svolgersi della pressione in modo che non assuma rapidità e valori troppo elevati. Le facce della borra (basi del cilindro) si mantengono normali nell'asse della canna; i pallini vengono così spinti regolarmente, senza urti che ne provocherebbero deformazioni o fusioni parziali (i c.d. grappoli) attraversano la strozzatura ed escono dalla canna, mentre la borra, di densità minore, riceve un forte rallentamento dalla resistenza dell'aria, e resta indietro ai pallini, senza disturbarne il raggruppamento. Le borre sono ordinariamente grassate, e la grassatura deve essere consistente, e non oltrepassare i 2 mm di profondità. Il borraggio non deve avere altezza inferiore a due terzi del calibro.

Pallini da caccia

I pallini da caccia devono rispondere a determinati requisiti:

  • debbono essere ben sferici;
  • ben crivellati, ossia di diametro costante;
  • ben lucidati, in modo da scorrere bene gli uni con gli altri.

A questi requisiti, che più o meno si apprezzano bene a prima vista, debbono però aggiungersi altri che non possono stimarsi ad occhio. Molto importante è la determinazione del numero. Si è cercato di introdurre una numerazione grammica dei pallini, a secondo cioè del numero di essi che entra in un grammo. Tale metodo non è sembrato conveniente, sia perché in pratica bisognerebbe tenere in mente cifre non tonde, ma soprattutto perché il peso specifico dei pallini può variare molto a seconda della lega di cui sono composti, e quindi la numerazione non avrebbe valore fisso e determinato. La fabbricazione dei pallini da caccia è molto semplice. Il piombo fuso viene lasciato cadere dall'alto in acqua alla quale si aggiunge un poco di solfuro di ammonio per evitare l'ossidazione. Al piombo si aggiunge dell'arsenico (da 0,03 a 0,05%) e pochissimo stagno per aumentare la scorrevolezza.

Palle sferiche e proietti per anime lisce

Nei fucili ad anime liscia può occorrere di dover far uso di palle sferiche o proiettili unici. L'uso delle palle sferiche dà luogo a forti dispersioni e inoltre a perdite di gas. L'uso delle palle sferiche non consente una portata superiore a 50 metri. Preferibili sono le palle con borra posteriore di impennaggio, la quale sposta il centro di gravità del proietto; la coppia deviatrice diviene quindi, coppia stabilizzatrice. Ma anche questi tipi danno forti dispersioni, a causa delle irregolarità e instabilità causate dalla borra.

Influenza delle variazioni di temperatura e di umidità

Tali variazioni sono inevitabili soprattutto nelle cartucce da caccia a bossolo di cartone. Come base di media si può ritenere che un grado di differenza di temperatura in più o in meno della normale (15°) dà 3kg/cm2 di pressione in più o in meno con le polveri a base di nitroglicerina, 2 kg/cm2 per le polveri a base di nitrocellulosa, e che 10 unità percentuali di umidità in più o in meno della normale (66°) danno 5 metri in meno o in più di differenza nella velocità iniziale con le polveri a base di nitrocellulosa, 3 metri con quelle a base di nitroglicerina. Alle variazioni di pressione dovute alla sola temperatura corrispondono variazioni trascurabili nelle velocità iniziali.

Caricamenti speciali

Sono destinati ad aumentare la portata e la concentrazione nei tiri lunghi, oppure ad aumentare la dispersione, in modo da neutralizzare l'effetto dello choke pei tiri corti. Per aumentare la distanza di tiro mantenendo la dispersione entro limiti più ristretti, si fa uso di concentratori o contenitori. Un tipo di questi è dato da un tubo di cartone, o meglio di plastica, che contiene la carica di piombo e che il più delle volte fa corpo unico con la borra. I pallini escono dalla canna nel contenitore e mantengono compatti la traiettoria fino a che la resistenza dell'aria, che esercita una maggior forza ritardatrice sul contenitore, non fa restare questo indietro; allora i pallini, liberi, si sparpagliano. Questo sistema, però, non da risultati molto buoni con le canne strozzate; è preferibile avvolgere la carica di piombo in una sottile reticella di filo di ottone, che si rompe dopo un certo percorso liberando i pallini. Con la reticella, la massa di piombo si adatta meglio alla strozzatura. Per aumentare invece la dispersione, si introduce nel bossolo, prima del piombo, una croce di cartoncino, che divide la sezione del tubo in quattro quadranti; è come dividere il piombo in quattro parti distinte. Alcuni usano anche dividere la massa di piombo con cartoncini. È ovvio però che questi espedienti non raggiungono il loro scopo se non a prezzo di irregolarità nel tiro più o meno sentite.

Cartucce per armi rigate

Numerosissimi sono i tipi di cartucce per armi rigate introdotti un commercio dalle fabbriche le quali per ciascun tipo di arma stabiliscono le caratteristiche del proiettile, del bossolo, della carica e dell'innesco. Per la stragrande maggioranza dei casi, la denominazione dei calibri è oggi fatta secondo le misure precise fra i pieni della rigatura, ed espresse in millesimi di pollice, oppure talvolta, arrotondando in centesimi di pollice.

Cartucce a innesco anulare per armi rigate

Tali cartucce sono generalmente del calibro 0,22 ossia di 5,6 mm. Ve ne sono anche del calibro 0,25 o 0,32 e 9 mm, ma il loro uso è limitatissimo e di scarso interesse. Le cartucce a innesco anulare calibro 0,22 sono suddivise in tre categorie:

  • B.B. o C.B. Cap. per piccole armi di tipo Flobert (tiro a segno a breve distanza);
  • Sport (usate per caccia ad animali minuti a breve distanza o per tiro);
  • Long Rifle (usate per caccia e anche per armi semiautomatiche).

Queste cartucce vengono usate anche in pistole o revolver specialmente per tiro a segno.

Cartucce a percussione centrale per fucili a carabina

I calibri normalmente usati sono circa 50 e per ognuno di essi esistono vari tipi di cartucce, che esigono diverse camerature delle armi per la diversa forma e lunghezza del bossolo. Per di più ogni tipo può essere munito di pallottole di peso diverso e di diversa fattura ossia da quelle blindate ai vari tipi a espansione più o meno lenta con punte arrotondate, aguzze, riportate, rivestimenti in rame o leghe di vari tipi. Le cartucce per armi rigate oltre al dato riferentesi al calibro portano anche quello che si riferisce alla lunghezza del bossolo, ossia alla camerature dell'arma. Così quando noi diciamo cartuccia 7x57 intendiamo che il calibro dell'arma è di 7 mm e la lunghezza totale del bossolo di 57 mm.

Cartucce per rivoltella oppure per pistola semiautomatica

Per le rivoltelle o per le pistole semiautomatiche vengono usate cartucce che possono essere a percussione anulare oppure a percussione centrale. Nel primo caso sono uguali a quelle per i fucili; nel secondo caso sono di costruzione apposita, benchè alcuni tipi possono essere indifferentemente usati in fucili (per es. le 357 o le 44 Magnum) oppure essere le stesse usate nelle pistole mitragliatrici, mitragliatori (tipica la 9mm Parabellum). Per le rivoltelle il bossolo è munito di collarino sporgente mentre per pistole è munito di gola. Il bossolo è sempre in ottone; il proiettile può essere in piombo indurito, oppure incamiciato totalmente o parzialmente, con punta ogivale oppure piatta o a speciale profilo.

1.4 LA BALISTICA TERMINALE

Con tale termine intendiamo lo studio del proiettile e di quanto dallo stesso causato durante e successivamente all'impatto, quindi, vedremo gli effetti provocati dal proiettile quando raggiunge il bersaglio, trasformando gran parte della sua energia cinetica in lavoro. Un proiettile in movimento possiede una certa energia data da varie componenti che, schematicamente possiamo così individuare:

ET = EC + EP + ER

Dove:

  • ET = energia totale posseduta dal proiettile;
  • EC = energia cinetica d'impatto (capacità del proiettile a compiere un lavoro) = ½ mv2.
  • EP = energia che il proiettile possiede in base alla sua massa ed all'accelerazione di gravità = ½ mg2.
  • ER = energia dovuta alla rotazione del proiettile sul proprio asse = m. raggio di rotazione2 .w2. ½.

Come si vede, in buona sostanza, EP ed ER sono valori trascurabili e l'energia che anima un proiettile è l'energia cinetica. Questa è direttamente proporzionale al quadrato della velocità dello stesso per cui si avrà che ad ogni minimo aumento della velocità corrisponderà un notevole aumento dell'energia che il proiettile sarà in grado di cedere al bersaglio.

Seguendo lo sviluppo dell'armamento individuale degli eserciti delle varie nazioni, si vede come dai vecchi fucili di calibro elevato ed a palla lenta, si sia progressivamente arrivati, passando attraverso le armi della seconda guerra mondiale (che potremmo definire di tipo intermedio), ai moderni fucili d'assalto dotati di particolari caratteristiche costruttive tali da renderli armi polivalenti (validi sia come arma individuale che, con minime modifiche, come arma d'accompagnamento). Caratteristica di tali armi è quella di sparare proiettili di piccolo calibro, ma dotati di altissima velocità. Ciò risponde a due necessità:

  • a parità di peso e di volume, un soldato è in grado di trasportare più munizioni di piccolo calibro che non di grosso calibro;
  • il danno è tanto maggiore quanto maggiore e rapida è l'energia ceduta dal proiettile al bersaglio.

Ovviamente, proprio per tali caratteristiche, detto munizionamento ha trovato uso sempre più vasto anche nell'impiego non bellico di queste armi: evidenti e praticamente non meritevoli di ulteriori delucidazioni sono infatti i vantaggi che l'uso di queste armi comporta nello sport venatorio (inteso all'abbattimento di prede medie) e nelle gare di tiro di precisione. Scopo del presente studio è illustrare l'effetto di proiettili ad alta velocità su segmenti scheletrici di arti di animali, confrontando tali risultati con quelli resi noti circa gli esperimenti fatti su blocchi di gelatina e con gli studi compiuti su lesioni polmonari osservate, per effetto di analoghe armi, in Viet-Nam.

Generalità sulle armi e sui proiettili

Come anticipato in apertura di discorso, si può dire che quasi tutti gli eserciti moderni hanno allo studio l'adozione di fucili di piccolo calibro con proiettili ad altissima velocità. Ecco di seguito riportati alcuni modelli adottati allo studio nei diversi paesi:

  • Belgio: FN cal. 5,56 mm; Vo = 965 m/sec.
  • Francia: MAS Type A3 cal. 5,56 mm; Vo = 960 m/sec.
  • Germania: HK – 33 A2, HK – 33 A3, HK – 33 KA1 cal. 5,56 mm; Vo = 920 m/sec.
  • Israele: IMI Galil ARM cal. 5,56 mm; Vo = 980 m/sec.
  • Italia: Beretta nella versione AR – 70, SC – 70, LM – 70.
  • Stati Uniti: Armalite AR – 18 cal. 5,56; Vo = 990 m/sec.
  • Svezia: MKS cal. 5,56 mm; Vo = 1051 m/sec.
  • Svizzera: SIG 530/1 cal. 5,56 mm; Vo = 970 m/sec., SIG 540 cal. 5,56 mm; Vo = 980 m/sec.

Modelli più o meno analoghi sono allo studio nei paesi dell'Est. Come si vede si tratta di armi il cui calibro non supera i sei mm, a differenza delle armi usate durante la Seconda Guerra Mondiale, tutte di calibro superiore e dotate di velocità sensibilmente minori. Per quanto concerne i proiettili usati in tali armi è bene riportare alcune considerazioni di balistica terminale. Con tale termine intendiamo lo studio del proiettile e di quanto dallo stesso causato durante e successivamente all'impatto, quindi, vedremo gli effetti provocati dal proiettile quando raggiunge il bersaglio, trasformando gran parte della sua energia cinetica in lavoro.

Caratteristiche lesive dei proiettili ad alta velocità

I proiettili ad alta velocità ledono i tessuti gravemente ed a notevole profondità rispetto alla zona apparentemente e direttamente interessata, ciò perché si ha cessione di una grandissima quantità di energia in tempi molto brevi. Uno studio sull'effetto di proiettili ad altissima velocità sparati in blocchi di gelatina, ha evidenziato come usando proiettili sempre più piccoli si hanno (a pari o maggiore energia d'impatto) cavità di ferita più superficiali, più larghe e con minore penetrazione del proiettile. Tanto aumenta la velocità, tanto aumenta il volume della cavità, riflettendo l'aumentata energia del proiettile. In pratica, piccoli proiettili che viaggiano a velocità molto elevata, creano ferite relativamente poco profonde, ma con una larga distruzione del tessuto locale. Quando un proiettile ad alta velocità penetra nel corpo, viene rallentato dalla resistenza delle varie strutture e, decelerando, imprime movimenti centrifughi ai tessuti che vengono progressivamente danneggiati. La cavità temporanea che si forma è da intendersi in senso dinamico, cioè si ha una progressiva dilatazione dei tessuti ed una successiva contrazione degli stessi. Durante le due fasi di dilatazione e di contrazione si hanno danni caratteristici per i due momenti e per le varie strutture interessate. Nella fase positiva (o dilatazione) l'onda presoria deforma e frattura le ossa; comprime gli organi parenchimatosi; comprime e riduce di volume gli organi pieni d'aria; lacera, in quanto incomprensibili, gli organi pieni di liquido. Nella fase negativa (o contrazione) i tessuti precedentemente compressi, ritornano nella primitiva posizione, provocando: la frattura, verso il tramite, delle ossa precedentemente deformate e la frammentazione di quelle già fratturate; fenomeni di vaculizzazione negli organi parenchimatosi precedentemente compressi; lacerazione degli involucri pieni d'aria con rottura degli stessi verso il tramite della ferita; l'ampliarsi delle lacerazioni degli organi pieni di liquido con totale fuoriuscita dello stesso. Caratteristica delle ferite da proiettile ad alta velocità, come si diceva, è lo scaricare in tempi brevissimi tutta l'energia. Di conseguenza, allorché viene interessata una struttura ossea posta sotto la cute, o comunque a non molta profondità, non si ha un tramite profondo, ma la ferita d'ingresso coincide con quella d'ingresso, in quanto la notevole energia viene a scaricarsi sui tegumenti precedentemente sezionati dal foro d'ingresso con fenomeni pari a quelli da scoppio. Quando non si ha interessamento delle strutture ossee, si ha un piccolo foro d'ingresso con un vasto cratere di uscita ove non è più possibile riconoscere tracce di calibro o tipo di arma in quanto si osservano i segni caratteristici della lesione da scoppio. In effetti quando un proiettile penetra nei tessuti molli provoca un tramite, una cavità temporanea, o esplosiva, ed un'area di danno progressivamente decrescente dal tramite verso la periferia. L'energia di ciascuno di questi effetti è direttamente proporzionale all'energia cinetica del proiettile. Nel caso di ferita polmonare, per esempio, la cavità temporanea nel parenchima polmonare è causata dall'alta pressione delle onde d'urto che accompagnano il proiettile. In questa fase il tessuto polmonare è violentemente spostato perpendicolarmente all'asse della traiettoria del proiettile. Successivamente si ha la fase di pressione negativa durante la quale il polmone ritorna violentemente verso la traccia lasciata dal proiettile. Questo rapido movimento di spostamento di ritorno infrange le delicate strutture polmonari fino ad una certa distanza dal tramite del proiettile. Si comprende, alla luce di questo meccanismo, come anche ferite toraciche tangenziali con minima o nessuna diretta penetrazione intraparenchimale, possono causare gravi ed estesi danni. Per quel che concerne la struttura nervosa, si è visto che il danneggiamento delle terminazioni nervose e la loro abnorme stimolazione sono provocate particolarmente dalla fase compressiva più che da quella negativa.

Materiale e metodo della ricerca

Per la ricerca è stato impiagato un fucile carico 243, marca Beretta, usando munizioni Remington con palla da 80 gr e Vo = 1150 m/sec; Norma con palla da 100 gr e Vo = 1009 m/sec. Le caratteristiche delle cartucce sono quelle già indicate nella pagina precedente, ed in particolare si tratta dei proiettili parzialmente incamiciati, del tipo soft point. Per effettuare i tiri di prova si è impiegata una base misurata di 20 m, con opportune schermature e con dispositivo d'arresto del proiettile costituito da sacchetti riempiti d'ovatta. La ricerca è stata condotta su ossa fresche di manzo,selezionando strutture dotate di scarsa resistenza alla penetrazione, quali la scapola, e strutture di notevoli resistenza alla penetrazione, quali le ossa lunghe degli arti. Per completezza d'indagine sono stati impiegati alcuni segmenti comprendenti una grande cavità articolare allo scopo di accertare gli effetti a livello di tale struttura. I segmenti scheletrici sono stati impiegati come bersaglio ponendoli in posizione eretta con un carico verticale di 15 kg. Per opportuni confronti alcuni bersagli sono stati colpiti con proiettili cal. 38 special a piombo nudo, esplosi con revolver Smith e Wesson mod. 60 e da una base misurata di 3m.

Risultati

Per l'esposizione dei risultati abbiamo suddiviso il materiale, a seconda delle strutture interessate dal colpo, in 4 gruppi:

  • Gruppo 1 – segmenti scheletrici piatti (scapola) caratterizzati da bassa resistenza all'azione del proiettile.
  • Gruppo 2 – dialisi di ossa lunghe, caratterizzate da una notevole resistenza e dalla presenza del canale midollare.
  • Gruppo 3 – epifisi di ossa lunghe, caratterizzate da grande resistenza superficiale e dalla presenza in profondità di tessuto spugnoso.
  • Gruppo 4 – cavità articolari.

Per i tiri con i proiettili cal. 38 special si sono impiegati tanto le ossa lunghe che le ossa piatte.

Gruppo primo: numero 4 scapole. La lesione prodotta sul corpo della scapola è caratterizzata da soluzione di continuo rotonda, del diametro corrispondente al calibro del proiettile, senza apprezzabili fenomeni di svasatura dei margini della lesione (lo spessore del tessuto osseo in sede di lesione era di poco superiore al millimetro). Dalla soluzione di continuo dovuta al passaggio del proiettile s'irraggiano per solito da tre a quattro grosse rime di frattura con decorso regolare, qualche volta con accenno a spostamento della struttura scheletrica verso l'uscita del proiettile. Nessuna differenza si è notata impiegando proiettili da 80 o 100 grani. La ricerca dei proiettili o dei loro frammenti ha permesso di repertare grossolano frammento in piombo.

Gruppo secondo: 4 diafisi di ossa lunghe (tibia e femore). I tiri sono stati effettuati con i proiettili da 80 e 100 grani ed in ogni caso si è tenuta una lesione scheletrica caratterizzata dalla frammentazione esplosiva del segmento scheletrico colpito, con pratica impossibilità di ricostruire il segmento scheletrico a causa della formazione di minutissimi frammenti ossei. Fatto di rilievo costante è stato lo svuotamento del canale midollare nei capi scheletrici residui, ove talvolta è stato possibile osservare la presenza di grossolane rime di frattura decorrenti longitudinalmente verso le epifisi. In un caso si è nettamente osservata una traccia di colorito grigio piombo presente su uno dei monconi scheletrici, con aspetto di un deposito pulverulento di chiara derivazione dal piombo del proiettile. Nessuna differenza si è rilevata esaminando comparativamente i risultati dell'impiego di proiettili da 80 e 100 gr. La ricerca dei proiettili e dei loro frammenti ha permesso di repertare solo qualche fine frammento di piombo senza particolari caratteristiche morfologiche.

Gruppo terzo: 4 epifisi di ossa lunghe. L'effetto dei colpi per arma da fuoco è stato caratterizzato in ogni caso, e senza differenza dall'impiego di proiettili da 80 o 100 grani, dalla frantumazione grossolana delle strutture scheletriche, che sono risultate in qualche caso parzialmente ricostruibili. I frammenti di forma irregolare, avevano superficie del pari irregolari e senza rapporti di rilievo con le linee di forza dell'epifisi. In due casi, nei quali il colpo aveva raggiunto l'epifisi in prossimità della formazione del canale midollare, si è osservata la formazione di grossolani frammenti della diafisi, con linee di frattura irradiate longitudinalmente. L'esame dei frammenti scheletrici ha fatto osservare, su qualche superficie degli stessi, limitate aree nelle quali la struttura trasecolare appariva colorata in grigio azzurro per opposizione di un detrito pulverulento di aspetto nettamente metallico. La ricerca dei residui dei proiettili ha permesso di repertare solo alcuni minuti frammenti metallici, costituenti solo una minima parte della massa originaria.

Gruppo quarto: 4 cavità articolari. La lesione è stata caratterizzata costantemente da una lacerazione dell'apparato legamentoso dell'articolazione, la cui cavità risulta ampiamente esposta. Il reperto di maggior rilievo è costituito da una colorazione grigio piombo, diffusa e quasi omogenea, della cartilagine articolare. Gli apparati legamentosi risultano lacerati, sfilacciati e generalmente estroflessi, senza che sia possibile rilevare caratteri che indichino il punto d'ingresso e quello d'uscita. Accanto a questo rilievo un altro è stato osservato, ed è quello relativo alla presenza di grossolane rime di frattura articolari, variamente decorrenti sulla superficie delle articolazioni stesse e comunque tra loro intersecatisi a formare grossi frammenti epifisari. Sembra importante notare l'assenza di tracce del passaggio del proiettile sia sulla superficie articolare che nelle strutture scheletriche. Anche in questo caso nessuna differenza si è osservata tra l'impiego di proiettile da 80 e da 100 gr.

Tiri con proiettili cal. 38 special. Nei tiri con proiettili cal. 38 special contro ossa piatte (scapola) si è avuta la formazione di forami rotondi, a margini regolari, debolmente svasati verso l'uscita del proiettile (malgrado la sottigliezza della struttura scheletrica in questo caso si è notata la formazione di una svasatura per distacco di minute particelle del tavolato posteriore). Oltre al forame determinato da passaggio del proiettile si è osservata la presenza di qualche fine e breve frattura a disposizione raggiata. Nei tiri effettuati contro ossa lunghe si è avuta ancora la formazione di forami d'ingresso regolari nei colpi esplosi sulle strutture epifisarie, con formazione dei tramiti irregolari, e di qualche grossa rima di frattura decorrente radialmente con distacco di frammenti piuttosto grossolani, comunque tali da consentire la ricostruzione del capo scheletrico. Nei tiri che hanno interessato la diafisi si è notata costantemente la formazione di alcune grossolane rime di frattura, discontinuanti il segmento scheletrico, senza determinare però la perdita dei rapporti anatomici tra i singoli frammenti. La ricerca dei proiettili, o dei loro residui, ha fatto repertare delle masse di piombo, notevolmente deformate per appiattimento, con ancora osservabile la posizione basale del proiettile sulla quale sono ancora visibili le tracce dovute alla rigatura della canna dell'arma.

Commento

I risultati ottenuti nella presente ricerca possono essere riassunti nei punti che seguono:

  • L'impiego dei proiettili parzialmente blindati, da 80 e da 100 grani, ha dato, nelle condizioni sperimentali adottate, risultati assolutamente sovrapponibili.
  • Su bersagli costituiti da ossa piatte le lesioni hanno presentato, nelle linee fondamentali, caratteristiche morfologiche non dissimili da quelle rilevabili con i proiettili cal. 38 special ed anche comparabili con le lesioni prodotte in genere da munizioni a proiettile unico.

L'unica differenza potrebbe, caso mai, essere costituita da una maggiore evidenza delle fratture che si irradiano da foro ed una minore evidenza della svasatura del tramite. Quest'ultimo rilievo non sembra però assumere un particolare valore a causa della brevità del tramite a livello della struttura scheletrica studiata e merita un ulteriore indagine impiegando ossa piatte di spessore maggiore.

  • Nei tiri sulle diafisi di ossa lunghe l'effetto lesivo è caratterizzato da una frantumazione comminuta della struttura scheletrica, associata a fenomeni di scoppio con svuotamento della cavità midollare con conseguente assenza di ogni effettivo tramite.
  • In questi tiri può osservarsi su qualche frammento scheletrico la presenza di detriti pulverulenti di piombo metallico.
  • A livello delle epifisi la lesione è caratterizzata da una frattura comminuta dello scheletro, senza che ne derivino grossolane perdite di sostanza, e con tracce di passaggio del proiettile consistenti nel deposito di detriti di piombo metallico sulle superfici fratturate.
  • Quando il colpo interessa la cavità articolare ne risultano fenomeni di lacerazione per scoppio dell'apparato legamentoso, con formazione di grossolane rime di frattura della superficie articolare e deposizione di detriti pulverulenti di piombo metallico sulla cartilagine articolare.
  • In tutti i casi la ricerca dei proiettili o dei loro residui ha fatto constatare che i proiettili vanno soggetti ad una comminuta frantumazione così che, anche adottando opportune cautele per il loro recupero, non si rinviene che un minuto detrito di piombo privo si significative caratteristiche morfologiche.

I risultati ottenuti non sono evidentemente comparabili con quelli descritti in letteratura impiegando masse di gelatina, ovvero osservate in patologia umana per l'impiego di armi da guerra.. Malgrado ciò alcune analogie sembrano doversi sottolineare, e riguardano principalmente gli effetti di scoppio che proiettili ad elevata velocità iniziale sono capaci di provocare allorché nel loro percorso incontrano strutture cave (cavità articolari) ovvero cavità delimitate da strutture ad alta densità (corticale) anche se ripiene di materiale a densità bassa (midollo osseo). In tutti questi casi si è confermata la capacità del proiettile di determinare, cedendo rapidamente energia, onde d'urto a propagazione laterale, a loro volta causa degli effetti di scoppio. Il confronto tra gli effetti provocati sulla diafisi e quelli determinanti, invece, a livello delle epifisi, richiama un meccanismo lesivo che, tipico di queste munizioni che sono caratterizzate dalla elevata deformabilità del proiettile, è notevolmente influenzato dalla densità dell'ostacolo. Ove infatti si consideri che la capacità lesiva del proiettile è direttamente proporzionale alla velocità con la quale avviene il trasferimento di energia del proiettile al bersaglio e che quindi la capacità lesiva è determinata dalla deformabilità del proiettile, risulta chiaro che gli effetti lesivi saranno tanto maggiori quanto maggiore la resistenza opposta al passaggio del proiettile. Ci sembra così si spieghino i gravi effetti distruttivi verificatisi a livello delle diafisi di ossa lunghe, gli effetti pur gravi, ma non altrettanto distruttivi, che si realizzano a livello delle epifisi, e quelli relativamente più moderati che si osservano quando sono interessate le cavità articolari e, più ancora le ossa piatte. Da un punto di vista medico-legale la morfologia di queste lesioni sembra proporre nuovi e non sempre risolvibili interrogatovi, venendo meno quasi costantemente i tradizionali aspetti morfologici delle lesioni scheletriche da proiettili unici di arma da fuoco. In qualche caso si prospetta persino l'impossibilità di riconoscere positivamente la natura della lesione ed a questo riguardo ci sembra di grande significato il frequente rilievo di tracce di piombo metallico sulle superfici di frattura o sulle superfici delle cavità incontrate dal proiettile. Questo reperto ci suggerisce la possibilità di studiare, ai fini di identificazione dell'arma, le caratteristiche del metallo costituente il proiettile, e ciò perché sembra probabile e possibile che i diversi produttori di tali munizioni impieghino leghe diversificabili con le indagini metallografiche. Nel corso dello svolgimento della ricerca ci si è presentata la possibilità di effettuare due tiri su arti inferiori umani provenienti da amputazioni chirurgiche. I tiri furono effettuati in condizioni non ottimali ed in ogni caso hanno dato risultati che possono essere assunti a puro titolo di documentazione sussidiaria. In questo caso il proiettile è penetrato nella faccia anteriore della gamba e si è approfondito nei tessuti molli senza interessare le strutture scheletriche sottostanti. Si è prodotto in tal modo un forame d'ingresso abbastanza regolare, con un tramite pure regolare nei primi centimetri del suo percorso. Solo successivamente si sono avuti degli ampi fenomeni di lacerazione e scollamento dei tessuti molli e particolarmente dei muscoli della sura con formazione di una lesione d'uscita con aspetto di un ampio cratere entro il quale non è riconoscibile un vero è proprio tramite. Nel secondo caso il colpo ha raggiunto la regione anteromediale della gamba, poco al di sopra del malleolo interno, determinando un ampio focolaio di sfacello di tutti i componenti della regione, ed in modo particolare delle componenti scheletriche, tanto da rendere impossibile l'identificazione dell'effettivo percorso del proiettile. La differenza degli effetti tra i due casi ci sembra in definitiva riconducibile a quel meccanismo cui si è prima fatto riferimento, dei differenti effetti realizzati a seconda delle densità dei tessuti colpiti dal proiettile. Nel primo caso, non essendoci stato interessamento delle strutture scheletriche, si è avuta la costituzione del foro d'ingresso, di un tramite iniziale e, per la progressiva deformazione del proiettile, di un ampio cratere di uscita in cui manca ogni carattere delle tradizionali lesioni d'uscita dei proiettili. Nel secondo caso, invece, la lesione delle componenti scheletriche ha determinato, per la cessione brutale di energia, una lesione da scoppio assolutamente priva di caratteri di specificità, almeno nel senso tradizionale. Un'ultima annotazione riguarda la frammentazione dei proiettili, per l'importanza medico-legale che il reperto assume, vanificando la ricerca del corpo del proiettile o dei suoi frammenti ai fini dell'identificazione dell'arma mediante lo studio delle rigature superficiali. Stando così le cose, ci sembra di poter segnalare sin da ora l'opportunità di un approfondimento degli studi sulla morfologia delle lesioni provocate da questi proiettili, soprattutto sviluppando la parte relativa alle ricerche sui residui metallici che in queste lesioni risultano particolarmente abbondanti.