Università degli Studi di Siena
Dipartimento di Scienze Medico-Legali e Socio-Sanitarie
- Medicina legale
- Prof. Cosimo Loré
Personalizzazione delle cure e coinvolgimento nelle decisioni cliniche: note sulla Advance Health Care Planning
Cosimo Loré, Margherita Del Grosso e Riccardo Cecioni
Introduzione
Il sistema originariamente nordamericano di Advance Health Care Planning (forse correttamente traducibile in pianificazione sanitaria anticipata) [1], da anni operante in molte nazioni come diretta derivazione della dottrina del consenso informato, comincia ad affacciarsi anche nella realtà italiana. Sta infatti emergendo la tendenza a riconoscere rilevanza, nel medical decision-making, alle volontà trasmesse dal paziente prima del subentrare di uno stato di incapacità decisionale (c.d. direttive anticipate o living will) [2]; tutto ciò, oltre a risultare chiaramente da recenti ed innovative espressioni giurisprudenziali, è sancito con precisione dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo e la biomedicina, integralmente ratificata dal governo italiano il 7 aprile 1997 ad Oviedo. Il nuovo Codice di Deontologia Medica (CDM), approvato il 3 ottobre 1998, recepisce opportunamente tali indicazioni nei pertinenti articoli inseriti nel Capo IV (Informazione e consenso).
Può essere dunque opportuno allo stato attuale considerare, soprattutto attraverso riflessioni di estrazione comparatistica relative a quanto emerge da altre realtà nazionali [3], le implicazioni medico-legali ed etico-deontologiche dell'adozione anche in Italia di tali procedure operative, ed a tal fine contemporaneamente tentare di far fronte alla perdurante carenza di dati scientifici in materia, promuovendo con forza ogni forma di ricerca empirica su base epidemiologica [4]. Una simile base di informazioni consentirà la promozione di una adeguata sensibilizzazione culturale in ambito sociale e sanitario ed al contempo faciliterà, se ritenuto opportuno, il varo di un substrato normativo ed organizzativo capace di garantire operatività ed efficacia al sistema di Advance Health Care Planning.
Nuove tendenze in tema di medical decision-making
Pur non avendo ancora assunto le proporzioni e l'impeto che la contraddistinguono, ad esempio, nei Paesi nordamericani, la tendenza verso un nuovo paradigma in cui definire il rapporto medico-paziente, sulla spinta sia della progressiva presa di coscienza da parte dei cittadini, sia di trasformazioni interne alla stessa professione sanitaria, appare ormai ben delineata. Benchè il dibattito dottrinario su questa evoluzione sia ancora aperto, l'evidenza di un deciso abbandono del tradizionale modello di tipo paternalistico ed il parallelo indirizzamento verso un rapporto caratterizzato da maggiore rispetto dell'autonomia decisionale del paziente quale persona [5] e quindi dal raggiungimento di una effettiva centralità di quest'ultimo nella relazione terapeutica (si tratta dunque della c.d. patient-centered medicine) ha già condotto ad alcuni apprezzabili risultati [6].
Il riferimento corre, in particolare, alla ormai definitiva affermazione della dottrina del consenso informato ed al conseguenziale riconoscimento del diritto al rifiuto del trattamento sanitario da parte del soggetto in possesso della completa capacità di intendere il proprio stato e di esprimere la propria volontà [7]. Già nel Codice di Deontologia Medica del 1995 (ed in modo ancora maggiore nel nuovo CDM 1998), nonchè in recenti pronunciamenti giurisprudenziali si possono rinvenire affermazioni a sostegno di questo nuovo orientamento teorico [8], ma tutto questi fattori non inducono automaticamente a ritenerlo operante nella quotidiana pratica clinica, attesa la carenza di studi empirici nel campo.
Assenza di criteriologia per il decision-making nel paziente in stato di incapacità
Fatti salvi alcuni generici riferimenti, le tradizionali fonti normative tacciono per ciò che attiene la assunzione di decisioni cliniche nel caso di pazienti che versano in stato di incapacità. Infatti, il contesto delineato dalle patologie (prime tra tutte, le demenze) che comportano una elevata frequenza di condizioni di incapacità decisionale, temporanea o permanente, è pertanto lasciato alla soggettiva discrezionalità del medico, in assenza di qualsiasi orientamento o linea di policy attinente le procedure decisionali. Peraltro, nel caso del paziente incapace di intendere il proprio stato e di esprimere la propria volontà, l'attribuzione di determinante potere decisionale ai congiunti, benchè regolarmente praticata, è altamente problematica, sia perchè non riconosciuta da alcuna norma (ed anzi messa in deciso subordine dal Codice di Deontologia Medica), sia perchè la ricerca empirica, laddove esistente, ha più volte inequivocabilmente dimostrato una scarsissima coincidenza del parere espresso da terze persone con le volontà del paziente da esse rappresentato [9],[10]. Appare dunque non solo fortemente auspicabile, ma non più posponibile la individuazione di precise criteriologie che possano garantire una maggiore personalizzazione dell'approccio clinico, nonchè il doveroso rispetto dell'autonomia decisionale del paziente anche all'eventuale subentrare di uno stato di incapacità, che parallelamente ne discende [11],[12].
Il paziente in stato di incapacità come caso emblematico nel decision-making
Il consenso informato, il rispetto dell'autonomia e dei valori soggettivi del paziente assumono, nel caso del soggetto affetto da patologia in grado di porre in discussione la sussistenza di capacità decisionale, una valenza etica straordinaria, attribuendo a questa popolazione (tra l'altro numericamente molto rappresentata), ai loro congiunti ed ai settori sanitari in causa una assoluta predisposizione a recepire i benefici di uno studio approfondito dei comportamenti e delle procedure che in sintesi determinano la scelta dei singoli percorsi clinici [13].
In tale contesto, le motivazioni di questa priorità sono così sintetizzabili:
- elevata probabilità del riscontro di uno stato di incapacità decisionale (temporanea o permanente);
- categoria di malati spesso vittima di emarginazione e di isolamento;
- stato patologico il più delle volte di tipo inguaribile ed in fase terminale;
- frequente possibilità di episodi acuti e conseguente necessità di trattamenti di sostegno vitale (e dunque riconducibili alla c.d. high-technology medicine), con alto rischio di sfociare nell'accanimento terapeutico o nella medical futility;
- frequente ricorso a protocolli terapeutici sperimentali e conseguente rischio di incompleta informazione e/o coercizione;
- alto interesse da parte dei media (ad es., per i soggetti affetti da AIDS o da patologia neoplastica) e conseguente elevata sensibilizzazione del pubblico.
La Advance Health Care Planning: potenziali vantaggi
Il sistema di Advance Health Care Planning, definito come l'insieme dei processi attraverso i quali gli operatori sanitari ed il paziente, di comune accordo, pianificano anticipatamente gli interventi terapeutici, parrebbe ben adattarsi al contesto delineato dal presente studio che, a motivo delle caratteristiche in precedenza descritte, può beneficiare in maniera rilevante (e praticamente esente da rischi comportamentali o ripercussioni giudiziarie) dei vantaggi offerti da una pianificazione anticipata del percorso decisionale in ambito sanitario [14].
In estrema sintesi, l'applicazione di tale sistema:
- promuove una approfondita comunicazione tra medico e paziente, valorizzando la preliminare fase di informazione e facilitando la trasmissione delle dettagliate volontà del soggetto al personale sanitario;
- consente un maggiore coinvolgimento del paziente nell'assunzione di decisioni terapeutiche, fornendogli l'opportunità di plasmarle in relazione ai propri valori soggettivi;
- incoraggia il rispetto dell'autonomia personale del paziente anche al momento dell'eventuale subentrare di uno stato di incapacità decisionale;
- attenua l'impatto emozionale sui congiunti del soggetto e sul personale sanitario, rassicurandoli sulla effettiva appropriatezza delle scelte terapeutiche da intraprendere ed al contempo alleviando il peso delle responsabilità per l'eventuale assunzione di decisioni critiche;
- fornisce l'opportunità di strutturare un futuro assistenziale il più possibile coerente con la percezione del paziente in merito alla qualità della sua vita, incrementando così la customer satisfaction.
Gli strumenti operativi della Advance Health Care Planning
Le direttive anticipate (c.d. living will) [15] si integrano nel processo di Advance Health Care Planning in qualità di documenti scritti mediante i quali vengono definite in anticipo le preferenze del paziente in materia sanitaria per far sì che, all'eventuale subentrare di uno stato di incapacità decisionale (temporanea o permanente), sia possibile per il medico seguire un percorso terapeutico assolutamente concordante con le volontà precedentemente espresse dal paziente stesso.
Tipicamente, una direttiva anticipata [16],[17],[18],[19] è strutturata in due parti complementari, che permettono al soggetto in causa sia di fornire istruzioni in merito ai trattamenti sanitari ritenuti accettabili (c.d. direttiva di istruzioni) che di nominare un delegato responsabile di sostenere in ambito sanitario tali scelte (c.d. direttiva di delega).
Il sistema delle direttive anticipate, da anni operante e legalmente riconosciuto in molte nazioni, non solo di lingua inglese, comincia pertanto ad affacciarsi anche nella realtà italiana [20]. In dottrina sta infatti emergendo una tendenza a riconoscere rilevanza, nelle decisioni di fine-vita, delle volontà trasmesse dal paziente prima del subentrare dello stato di incapacità, che come detto risulta anche da recenti ed innovative espressioni giurisprudenziali che impongono un maggior rispetto dell'autonomia decisionale del soggetto incapace [21]. Infine, come in precedenza ricordato, la Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina, approvata dal Consiglio d'Europa il 19 novembre 1996 e integralmente ratificata dal governo italiano in data 7 aprile 1997 ad Oviedo, prevede all'art. 9 che 'i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente, che al momento dell'intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione'.
Prospettive
Appare dunque chiaramente prevedibile, nel futuro prossimo, una tendenza generale di adeguamento a questi ultimi indirizzi, come già infatti si è verificato per il Codice di Deontologia Medica, il cui pertinente articolo è nel CDM 1998 integralmente nuovo (Autonomia del cittadino, art. 34, commi 1° e 2°) e così recita: 'Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell'indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso'
.In conclusione, è dunque più che mai opportuno ed urgente indagare le implicazioni dell'adozione anche in Italia di tali strumenti operativi, poichè la perdurante carenza di studi o ricerche scientifiche e la conseguente mancata sensibilizzazione culturale in materia di Advance Health Care Planning da parte dei soggetti in causa (cittadini, operatori sanitari, giuristi) comportano un grave rischio: la importazione acritica delle direttive anticipate (come sovente nel nostro Paese accade per tecnologie e protocolli d'oltre oceano) in assenza di una adeguata sensibilizzazione e di una corretta promozione culturale sul piano sanitario e sociale, di un riscontro empirico della effettiva rispondenza di tali procedure nell'opinione pubblica e negli operatori professionali, nonchè dell'indispensabile allestimento di un substrato normativo ed organizzativo capace di garantirne operatività ed efficacia [22],[23],[24].
Quanto ora esposto non può pertanto in alcun modo prescindere dalla effettuazione di sistematiche e capillari ricerche empiriche volte a raggiungere la piena conoscenza dell'effettivo riscontro epidemiologico di tale tematica, al fine di perseguire i seguenti obiettivi:
- sviluppo di criteriologie alternative per il decision-making nel paziente in stato di incapacità;
- elaborazione dei relativi protocolli e guidelines ad uso specifico degli operatori sanitari;
- ideazione di programmi divulgativi e realizzazione di materiale informativo, allo scopo di ottenere una efficace sensibilizzazione e ad una corretta promozione;
- rilevamento delle necessità di adattamento ed applicazione del concetto di Advance Health Care Planning alle esigenze specifiche della realtà sanitaria italiana.
Riassunto
Gli Autori, ripercorso l'iter che ha condotto, nell'ambito sanitario nordamericano, alla strutturazione ed alla affermazione del sistema di Advance Health Care Planning (pianificazione sanitaria anticipata) nonchè dei correlati strumenti operativi ausiliari al medical decision-making, effettuano una analisi comparatistica dei possibili sviluppi di tale tematica nel contesto socio-sanitario italiano. Ne emerge, alla luce delle ultime voci dottrinarie e giurisprudenziali nonchè, soprattutto, sotto la guida del nuovo Codice di Deontologia Medica del 1998, un panorama che rende ormai attuale la c.d. patient-centered medicine e pertanto non più posponibili iniziative di ricerca su base empirica, allo scopo di realizzare documenti di policy o guidelines efficacemente utilizzabili nel decision-making sanitario.
Summary
The authors provide an overview of the process of Advance Health Care Planning in North America, describe the relative medical decision-making tools (advance directives), and conduct a comparative analysis of the applicability of this system in the context of the Italian society and health care system. In light of recent theoretical and legal trends and considering the latest amendments to the 1998 Italian Code of Medical Ethics, they conclude that the terrain is ready for a similar patient-centred approach to medical practice and suggest that empirical research on these themes no longer be postponed if effective policy and guidelines are to be developed for medical decision-making in Italy.
- [1] Emanuel L.L. et al.: Advance care planning as a process: Structuring the discussions in practice. J. Am. Geriatr. Soc. 43(4), 440, 1995.
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- [4] Teno J.M. et al.: Advance care planning: Priorities for ethical and empirical research. Hastings Center Report, Special Supplement, 32, November-December 1994.
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- [10] Del Grosso M., Cecioni R.: Consenso informato e direttive anticipate: uno studio pilota. Toscana Medica, 23, ottobre-novembre 1998.
- [11] Cecioni R., Del Grosso M., Di Paolo M., Buzzi F.: Criteria for decision-making in dialysis: ethical and economical urgency. Blood Purification, 15 (suppl. 2), 22, 1997.
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- [15] Cecioni R., Del Grosso M.: Living will: analisi dell'esperienza canadese in materia di direttive anticipate. In Cattorini P. (a cura di): Le direttive anticipate del malato: esperienze operative e questioni etico-giuridiche. Masson, Milano, 1999.
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- [20] Del Grosso M., Cecioni R., Fineschi V.: Advance directives in dialysis: is Italy ready? Blood Purification, 15 (suppl. 2), 20, 1997.
- [21] Santosuosso A.: Sentenze e rapporto tra medici e pazienti: il punto. Professione: Sanità Pubblica e Medicina Pratica, V, 4, 53, 1997.
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- [24] Special Senate Committee on Euthanasia and Assisted Suicide: Of Life and Death. Government of Canada Press, June 1995.