aprile 2008

Non è più sanità

L'ennesimo evento di cosiddetta (impropriamente ...) "malasanità" o − per i palati più raffinati − medical malpractice è riferito ritualmente dalla stampa: quel che sfugge a tutti è ancora una volta non l'errore o sbaglio che dir si voglia, la omissione spinta al menefreghismo, la criminalità sotto il camice connotata di cialtronaggine, bensì il fatto chiave della scomparsa della visita medica! Posso ben testimoniare, dopo trentacinque anni di attività accademica in una facoltà medica, che l'esamificio imperante e le riunioni inutili di commissioni e comitati per la didattica hanno sfasciato quel che singole nobili materie come la Semeiotica Medica e Chirurgica e grandi Maestri come Barni, Caniggia, Frezzotti riuscivano ad insegnare: l'inizio imprescindibile di ogni contatto (e contratto...) fra cittadino e struttura sanitaria è costituito dalla accurata e documentata raccolta dei dati da perseguire mediante adeguate tecniche di comunicazione verbale e accertamento clinico. Senza le quali ogni sintomo riferito durante l'anamnesi personale e ogni segno rilevato all'esame obiettivo non serviranno a formare il mosaico da cui deve originare il ragionamento clinico preliminare condizione di ogni ipotesi diagnostica del medico e informata consapevolezza del malato. Proprio perché non si sa (né se ne ha voglia) visitare il degente le aziende diffondono ormai cartelle preorientate (con caselle da sbarrare tipo quiz!) e consensi prestampati (per un sommario e perentorio "... firmi qui!") nella più totale violazione di ogni logica umana prima che legale: se avessimo così agito i vari nostri Maestri ci avrebbero cacciati con piena ragione dalle corsie ospedaliere e dalle sale operatorie. Deprimente l'atteggiamento della Federazione nazionale degli ordini dei medici e della Società italiana di medicina legale che, salvo rare coraggiose eccezioni (Barni, Cornaglia Ferraris e pochi altri), nulla fanno né ammettono per cercare almeno di obiettivare questo criminale disastro sociale nel rispetto di un minimo rigore deontologico e scientifico. Si continua a indicare il dito dell'errore eventuale e non si guarda alla luna del vuoto inqualificabile da cui si diparte la peregrinazione sanitaria nel cieco tentativo di trovare risposte passando sangue ed urine ai laboratori e il paziente alla radiologia senza alcuna motivazione clinica di siffatti smistamenti. Quasi un milione di italiani sono soddisfatti di poter vantare il titolo di dottore in una delle trenta lauree sanitarie ma chi sa e può si cerca con il lanternino l'esperto cui affidare le proprie speranze di salute e vita, magari all'estero... D'altra parte è evidente che nella società della vanità non contano i fatti né esistono più selezioni meritocratiche e responsabilità personali ma l'arroganza a copertura dell'ignoranza, la battuta al posto del ragionamento, l'affaccendamento invece dell'analisi approfondita e colta. Si tira a campare scaricando sempre su altri o sulla fatalità quel che consegue a palese cialtronesca delinquenza nella più completa connivenza degli amministratori delle aziende sanitarie. Orbene, questa non è più sanità né i danni dovrebbero più esser coperti dalle compagnie di assicurazione: come l'assenteismo e l'abusivismo o la violenza sessuale e sociale subita in ospedale così la finzione maldestra di attività sanitaria non può rientrare tra i rischi meritevoli di garanzie economiche. Basta estrarre a sorte una cartella clinica per constatare lo scempio infimo e infame scandito da scarabocchi e stampigliature ("... chiacchiere e distintivi!" avrebbe gridato il boss Al Capone). Ma di quale bioetica, medicina legale, criminologia si ciancia a fronte di montagne di cartaccia senza un rigo frutto di intelligente e intellegibile applicazione di seri esperti di clinica?! Che diavolo ci stanno a fare i vari Magnifici Rettori, Direttori Generali, Commissari Straordinari?! Ora può bastare... Lo scriviamo in singole perizie e consulenze da anni e siamo ricambiati dagli insulti di sedicenti esperti di medicina legale nei panni di spesso scandalosamente scadenti quanto saccenti consulenti di operatori, dirigenti, strutture. E questa ottusa e offensiva difesa dell'indifendibile − che possiamo documentare da Trento a Trapani − è tra le cause della attuale confusione e della tragedia giudiziario-assicurativa che deve sopportare chi esce malconcio dalla via crucis socio-sanitaria. Per questo stiamo mobilitando interrogazioni parlamentari, giornalisti televisivi, magistrati illuminati, case editrici: per la nostra funzione scientifica che ci impone una seppur modesta ma certo imprescindibile e indipendente obiettivazione della realtà umana, sociale, sanitaria. Nessuno ha il compito di cambiare il mondo, ma ognuno quello di far bene il proprio mestiere. Noi il nostro. E poi diciamola tutta: prima o poi tocca a tutti di entrare nel girone infernale e qui c'è in gioco la pelle dei nostri cari!